Il culto di San Giovanni
Il corpo di Giovanni venne sepolto, sembra, a Sebaste in Samaria. Sulla sua
tomba avvenivano numerosi miracoli, guarivano soprattutto ossessi. Nel 361-362
l'imperatore Giuliano l'Apostata profanò la tomba, bruciò le reliquie e le fece
disperdere al vento.
Il capo, restò nella mani di Erodiade, che lo fece seppellire in un luogo segreto del palazzo per timore che la testa potesse ricongiungersi al corpo e il profeta ritornare in vita. Ritrovato miracolosamente venne segnalato come sepolto a Costantinopoli, Emesa, Gerusalemme e Damasco. Ma c'è chi dice che il capo venne sepolto poi con il corpo e bruciato con il resto. Però, nel XII secolo una testa di s. Giovanni giunse a Roma, e nel XIII un'altra giunse a Amiens. Ai nostri giorni, a Roma si custodirebbe una testa senza mandibola nella chiesa di S. Silvestro in Capite, mentre il sacro mento sarebbe nella chiesa di S. Lorenzo a Viterbo, ma nel mondo si venerano non meno di sessanta teste. Una leggenda diceva che a S. Paolo fuori le mura, a Roma, erano conservati tre crani del santo: uno da bambino, uno da adulto, uno da vecchio! E venerati sono anche i calzari del santo, il vassoio su cui venne posata la sua testa, il tappeto su cui riposava in prigione, la sciabola che gli recise il capo, la pietra su cui venne appoggiato.
Per quanto le ceneri siano state "disperse al vento", al "completo" si trovano in San Giovanni in Laterano a Roma, a Genova nella chiesa di San Lorenzo, a Vienne nel Delfinato e in un numero infinito di altri posti. Per non parlare delle dita, undici indici della mano destra e cinquantotto misti, dei denti, delle spalle e di ossa che vengono onorati nel mondo cristiano.
Nelle sacre raffigurazioni, viene presentato magro, ascetico, vestito con abiti rozzi, un agnello in braccio o accanto a lui e un alto bastone che spesso termina con una croce. Altre volte, porta la propria testa tagliata. San Giovanni è invocato contro l'emicrania, è il protettore di città, sorgenti e associazioni benefiche, protegge albergatori, addetti alle mense, le autostrade, cantori e cantanti, cardatori, coltellinai, conciatori, musicisti e fabbricanti di strumenti musicali, lavoratori e commercianti di pelli, carcerati, condannati a morte. Il santo e la sua famiglia, sono onorati anche dal Corano e il luogo dove era la sua tomba era venerato dai maomettani fino all'arrivo dei crociati. Riconquistato dal nipote del Saladino, Hussam-el-Din, quest
i vi fece costruire una moschea.
Il capo, restò nella mani di Erodiade, che lo fece seppellire in un luogo segreto del palazzo per timore che la testa potesse ricongiungersi al corpo e il profeta ritornare in vita. Ritrovato miracolosamente venne segnalato come sepolto a Costantinopoli, Emesa, Gerusalemme e Damasco. Ma c'è chi dice che il capo venne sepolto poi con il corpo e bruciato con il resto. Però, nel XII secolo una testa di s. Giovanni giunse a Roma, e nel XIII un'altra giunse a Amiens. Ai nostri giorni, a Roma si custodirebbe una testa senza mandibola nella chiesa di S. Silvestro in Capite, mentre il sacro mento sarebbe nella chiesa di S. Lorenzo a Viterbo, ma nel mondo si venerano non meno di sessanta teste. Una leggenda diceva che a S. Paolo fuori le mura, a Roma, erano conservati tre crani del santo: uno da bambino, uno da adulto, uno da vecchio! E venerati sono anche i calzari del santo, il vassoio su cui venne posata la sua testa, il tappeto su cui riposava in prigione, la sciabola che gli recise il capo, la pietra su cui venne appoggiato.
Per quanto le ceneri siano state "disperse al vento", al "completo" si trovano in San Giovanni in Laterano a Roma, a Genova nella chiesa di San Lorenzo, a Vienne nel Delfinato e in un numero infinito di altri posti. Per non parlare delle dita, undici indici della mano destra e cinquantotto misti, dei denti, delle spalle e di ossa che vengono onorati nel mondo cristiano.
Nelle sacre raffigurazioni, viene presentato magro, ascetico, vestito con abiti rozzi, un agnello in braccio o accanto a lui e un alto bastone che spesso termina con una croce. Altre volte, porta la propria testa tagliata. San Giovanni è invocato contro l'emicrania, è il protettore di città, sorgenti e associazioni benefiche, protegge albergatori, addetti alle mense, le autostrade, cantori e cantanti, cardatori, coltellinai, conciatori, musicisti e fabbricanti di strumenti musicali, lavoratori e commercianti di pelli, carcerati, condannati a morte. Il santo e la sua famiglia, sono onorati anche dal Corano e il luogo dove era la sua tomba era venerato dai maomettani fino all'arrivo dei crociati. Riconquistato dal nipote del Saladino, Hussam-el-Din, quest
i vi fece costruire una moschea.
Feste pagane e tradizioni
Moltissime sono le leggende e le usanze legate al giorno di San
Giovanni, che risalgono alla notte dei tempi, stratificate le une sulle altre
al punto che è difficile districarle.
San Giovanni cade nel periodo del solstizio d'estate.
San Giovanni cade nel periodo del solstizio d'estate.
Il termine
“solstizio” deriva dal latino solstitiu o solstitium, a sua volta
derivato da sistere nel senso di “fermarsi”, in quanto, proprio in
questo periodo, si ha la sensazione che il sole si fermi e torni indietro. Durante
il solstizio il sole sembra fermarsi, sorgendo e tramontando sempre nello
stesso punto, sino al 24 giugno (per quello invernale il 25 dicembre), quando
ricomincia a muoversi sorgendo gradualmente più a sud sull’orizzonte (più a
nord per quello invernale).
La notte di san Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali; il nome associatogli deriva dalla religione cristiana, perché secondo il suo calendario liturgico, vi si celebra san Giovanni Battista (come il 27 dicembre san Giovanni Evangelista).
La notte di san Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali; il nome associatogli deriva dalla religione cristiana, perché secondo il suo calendario liturgico, vi si celebra san Giovanni Battista (come il 27 dicembre san Giovanni Evangelista).
L’inizio
astronomico dell’estate è il 21 giugno, il 24 si festeggia la nascita di san
Giovanni Battista (fissata per tradizione a 6 mesi esatti prima della nascita
di Gesù).
Il dies
natalis dei santi, quello nel quale vengono ricordati nel calendario,
corrisponde al giorno della morte: morendo nascono in Cristo. San Giovanni è
l’unico santo di cui si festeggia la nascita non intesa come morte il 24
giugno, e la morte il 29 agosto. E’ un privilegio che condivide con la Madonna.
La data in questione cade vicino al solstizio d’estate, quando già in epoche
precristiane venivano celebrati molti culti.
Giano, dio
bifronte del principio e della fine, delle porte e dei confini, nell’era
cristiana, ha ceduto il controllo delle “porte solstiziali”. A guardia di tali
porte è stato infatti sostituito dai due Giovanni: san Giovanni Battista che
governa sul solstizio d’estate, san Giovanni Evangelista che presiede al
solstizio invernale. E infatti la festa di san Giovanni Battista, detto anche
san Giovanni d’estate, ricorre il 24 giugno e quella di san Giovanni
Evangelista, detto anche san Giovanni d’inverno, il 27 dicembre, esattamente le
stesse date in cui i Collegia Fabrorum festeggiavano Giano.
Nel
Cristianesimo sono le feste di san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista
ad essere in rapporto con i due solstizi, una il 24 giugno e l’altra il 27
dicembre.
Così, i due
san Giovanni hanno sostituito Giano, anche se la ricorrenza solstiziale di
dicembre si è andata complicando, perché alla festa giovannea si è sovrapposto
lo stesso Natale e il Sole nascente è diventato, come doveva diventare, il
simbolo del Cristo Bambino.
La somiglianza
fonetica fra Janus (Giano) e Joannes (Giovanni) è evidente e porterebbe a
ritenere che la collocazione delle feste dei santi Giovanni in prossimità dei
due solstizi non sia stata casuale, ma servisse non tanto a cancellare il culto
arcaico, quanto a “riscriverlo” in termini cristiani.
In effetti,
era alquanto arduo sradicare un costume tanto profondo: gli uomini vivevano i
solstizi in maniera coinvolgente, ritenendoli momenti di transizione, nei quali
era possibile trasformare e sviluppare la rispettiva condizione interiore: una
sorta di transitio verso presupposti migliori.
Secondo le
tradizioni nordiche, proprio il 24 giugno corrisponde al giorno di Mezzestate.
Il mondo naturale e il soprannaturale si compenetrano e cose ritenute
impossibili diventano possibili. Tale giorno è ricordato anche nella celebre
commedia di William Shakespeare Sogno di una notte di mezza estate, dove
sono raccontati appunto gli amori e gli incanti nei boschi abitati da fauni e
fate che si divertono a burlarsi dei poveri umani.
Si suppone
che in tale notte avvengano strani prodigi e meraviglie, per cui si organizzano
veglie e riti. Per difendersi dagli spiriti maligni, che si credeva apparissero
in questa notte, gli antichi usavano erbe e fiori.
La più
potente delle erbe scaccia-diavoli era l’erba di san Giovanni che si pensava
avesse anche dei poteri divinatori. Tale erba, usata ancora oggi in
erboristeria, altro non è che l’Hypericum perforatum, una pianta
perenne alta dai 30 agli 80 cm, con fusto ramificato nella parte superiore dove
si raccolgono, a mazzetti, i fiori gialli che fioriscono in primavera-estate.
Con la
cristianizzazione, si diffuse la leggenda che l’iperico fosse nato dal sangue
di san Giovanni e che il diavolo volesse distruggerla trafiggendola, ma l’unico
risultato ottenuto era stato quello di perforarle le foglie.
Schiacciando
le foglie se ne ricava un pigmento rosso-bluastro che è il principio attivo
dell’iperico e ha un odore pungente simile a quello dell’incenso. Come incenso
l’iperico veniva anche bruciato, dando così origine alla convinzione popolare
che servisse a scacciare i diavoli; da qui il suo antico nome “Fugademonum”.
Si bevevano
anche pozioni di tale erba per cacciare i diavoli dal corpo. Oggi sappiamo che
in tutto questo c’è una fondamento scientifico in quanto l’ipericina (il
principio attivo dell’iperico) in effetti allontana i cattivi pensieri grazie
alle sue virtù terapeutiche contro la depressione per la quale oggi è usata in
tutto il mondo.
La notte di
san Giovanni è anche collegata al noce e ai suoi frutti che in molte zone
d’Italia si usa tuttora raccogliere in questa notte, ancora acerbi, per
preparare il nocino, liquore ritenuto possedere virtù magiche.
Nel Medioevo
si pensava che in questa notte le streghe volassero nel cielo per radunarsi
sotto il grande noce di Benevento: antiche credenze riconoscevano nel noce una
pianta sacra, anche magica. Si diceva che il noce rappresentasse l’ultimo
rifugio delle streghe condannate al rogo, esse potevano salvarsi dal supplizio
trasformandosi in spirito ed entrando nel più vicino tronco di noce, per poi
riacquistare la libertà al momento dell’abbattimento dell’albero.
Durante
questa festa, secondo un’antica credenza, il sole (fuoco) si sposa con la luna
(acqua); da questo derivano tutti i riti e gli usi dei falò e della rugiada,
presenti nella tradizione contadina e popolare; non a caso gli attributi di san
Giovanni sono il fuoco e l’acqua, con cui battezzava.
Nelle
culture antiche, l’opposto rappresentava continuità e in occasione della solennità
di san Giovanni, si celebrava il fuoco e l’acqua nello stesso tempo.
Più o meno
in tutte le campagne d’Europa, infatti, si accendevano falò per glorificare il
sole che, dal solstizio, sembra perdere progressivamente il suo fulgore. Il
rogo, nella mentalità popolare, doveva servire per sostenere l’astro affinché
conservasse la sua forza, allontanando le avversità che lo inducevano a
soccombere. Un rogo benevolo, quindi, in quanto capace di espellere ciò che può
essere dannoso e per questo i contadini bruciavano all’aperto, nella notte
della vigilia, grande cataste di legna.
I falò
accesi nei campi la notte di san Giovanni erano considerati, oltre che
propiziatori, anche purificatori e l’usanza di accenderli si riscontra in
moltissime regioni europee e persino nell’Africa del Nord.
I contadini
si posizionavano su dossi o in cima alle colline, e accendevano grandi falò in
onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e rallentarne idealmente la
discesa; spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate delle ruote di
fascine, che venivano in seguito fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate
da grida e canti.
Come già
detto, i falò avevano però anche una funzione purificatrice: per questo vi si
gettavano dentro cose vecchie o marce, affinché il fumo che ne scaturiva
tenesse lontani spiriti maligni e streghe; si riteneva, infatti, che proprio
durante questa particolare notte, le streghe si riunissero e scorrazzassero per
le campagne, alla ricerca di erbe.
In alcuni
casi si bruciava, come per l’Epifania, un pupazzo, così da bruciare in effigie
la malasorte e le avversità; inoltre, si faceva passare il bestiame tra il fumo
dei falò, in modo da togliergli le malattie e proteggerlo sia da queste sia da
chiunque vi potesse gettare fatture e malie.
Chi salta il
fuoco è sicuro di non dover soffrire il mal di reni per tutto l’anno. Gettando
erbe particolari (come la verbena) nel fuoco del falò, si allontana la
malasorte.
La mattina
del 24 giugno le persone girano tre volte intorno alla cenere lasciata dal falò
e se la passano sui capelli o sul corpo per scacciare tutti i mali.
Il solstizio
era anche glorificazione dell’acqua che, simbolo della fecondità e della
purificazione, quale elemento principale da cui si ha la rigenerazione, la
ritroviamo nella rugiada che consacra le erbe e le rende idonee ai molteplici
impieghi terapeutici o prodigiosi.
La rugiada
della mattina di san Giovanni, ovviamente legata all’elemento acqua, ha il
potere di curare, di purificare e di fecondare.
Nel Nord
Europa, se una donna desiderava avere molti figli, doveva stendersi nuda, o
rotolarsi, nell’erba bagnata. Lo stesso tipo di rituale veniva effettuato nel
caso in cui la donna desiderasse bei capelli e una buona salute.
La prima
acqua attinta la mattina del 24 giugno manteneva la vista buona. Recarsi
all’alba sulla riva del mare a bagnarsi, aveva il potere di preservare dai
dolori reumatici.
Una leggenda
tramanda che, vicino al famoso Noce di Benevento, ci fosse un laghetto o un
torrente in cui le donne si bagnavano, proprio in questa notte, per aumentare
la fertilità.
La notte di
san Giovanni è notoriamente legata a tantissime forme di divinazione,
utilizzando come base acqua oppure piante. Le divinazioni più comuni vertevano
sull’indovinare qualcosa del proprio futuro amoroso e matrimoniale.
Le ragazze
da marito, se volevano conoscere qualcosa sulle loro future nozze, dovevano, la
sera della vigilia del 24 giugno, rompere un uovo di gallina bianca e versarne
l’albume in un bicchiere o in un vaso pieno d’acqua. Poi dovevano metterlo
sulla finestra, lasciandolo esposto tutta la notte alla rugiada di san
Giovanni. Il mattino successivo, appena levato il sole, si sarebbe preso il
bicchiere e, attraverso le forme composte dall’albume nell’acqua, si sarebbero
tratti auspici sul futuro matrimonio.
Oltre
all’uovo poteva venire impiegato il piombo fuso: versato nell’acqua si
raffreddava velocemente e, dalla forma assunta, si traevano previsioni sul
mestiere del futuro marito.
Come periodo
dell’anno in cui la natura trionfa in tutta la sua abbondanza, il solstizio
d’estate finisce inevitabilmente per essere ovunque associato alla fertilità e
alla sessualità. Giugno è ancora il mese più popolare per i matrimoni.
In Sardegna,
le coppie del solstizio d’estate venivano chiamate “compari e comari di san
Giovanni”, e il rito prevedeva l’offerta di vasi di germogli di grano, come per
sottolineare la connessione tra la sessualità umana e la fertilità della
natura.
In Sicilia, si facevano le 24 comari e compari,
cioè si diventava comari e compari. Si faceva una festa e si scambiavano i
regali e questo era considerato un legame indissolubile e un vincolo sacro.
Con le feste
del solstizio estivo il Santo è visto come protettore dalle influenze malefiche:
nel momento in cui inizia la fase “oscura” del cielo annuale e le minacce delle
forze del male e delle tenebre sembrano farsi più forti, si sente la necessità
di qualcuno che assicuri la rinascita della luce.
Gli antichi
senza dubbio colsero un significato nella strana ironia per cui quando la luce
e la vita sono al culmine, al solstizio d’estate, si gettano i semi della
morte, delle tenebre e del decadimento; e lo stesso vale per il contrario, al
solstizio d’inverno.
Ecco forse
spiegato il motivo per cui si svilupparono tutta una serie di riti – i fiori,
il fuoco, le nozze e i funerali – che accompagnavano la festa di Mezzestate:
era una celebrazione della trasformazione.
A
Mezzestate, nello sbocciare di un fiore, nel fuoco, nel sesso e nella morte, si
liberano le energie, avviene una trasformazione, e il Cielo e la Terra si
riuniscono per un momento. E poi la vita continua.
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