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domenica 2 settembre 2012

UNA BELMONTESE IN TOURNÉE PER L’EUROPA: INTERVISTA A VALENTINA FERRARO E LA SUA DANZA “BUTOH”

Cetta: Ciao Valentina! Come stai? Ancora in tour? Ti va di rilasciarmi un intervista per il blog? Mi piacerebbe pubblicare qualche info sulle tue doti artistiche e sulla danza butho! Giusto?
 
Valen: Ciao Cetta, la danza si chiama Butoh (o Butô) -  lo trovi scritto in questi diversi modi a causa della traduzione fonetica che viene dai due Kanji che compongono la parola.
Hehe, mi fa strano che mi dici “intervista”, d’altra parte non sarebbe la prima! Mi fa piacere!





 
Cetta: Perfetto allora partiamo con le domande: Mi interessa sapere un po’ del tuo curriculum artistico, qual è stato il tuo percorso formativo che ti ha spinto fuori fino alla Spagna? Il tuo incontro con la danza Butoh; La tua esperienza in Spagna e Valencia; la tua passione per il Butoh e la riscoperta del tuo corpo; Chi sono stai i tuoi maestri e le tue tournée in Europa; Pensi un giorno di ritornare e magari essere tu il Maestro?

 
 
La mia formazione
Valen: Ho iniziato la mia formazione “artistica” presso l’accademia di Belle Arti di Palermo, ma mi sono laureata presso l’Università UPV di Valencia (España), dove ho concentrato sempre di più la mia ricerca multi-disciplinare verso la performance e la scoperta del corpo come mezzo primario di espressione artistica.
Il mio incontro con la danza butoh è stato nel 2002 a Palermo, dove ho conosciuto  Sayoko Onishi New-butoh. In seguito ho intensificato i miei studi con maestri come: Yoshito Ono, Marie Gabrielle Rotie, Atsushi Takenouchi (jinen butoh), Yuko Ota, Imre Thormann (butoh & noguchi), Gyoehi Zaitsu, Ken Mai… ed altri ancora.
A Valencia ho iniziato le prime collaborazioni: con Ars Xikanda e la sala Saltamontes, dove ho organizzato i primi workshop intensivi internazionali, invitando alcuni dei miei maestri ed artisti internazionali, ma dove ho anche condotto i miei primi laboratori di danza butoh dal titolo “Paisaje Interior”; ancora ho collaborato con l’atelier d’arte SportingClub Russafa (espai de les arts contra les arts) dove ho cominciato a danzare ed organizzato incontri ed eventi relazionati a questa disciplina.
Infine mi sono ritrovata a vivere tra Spagna, Italia ed in Francia dove ho iniziato una  collaborazione con il coreografo iraniano Mehdi Farajpour, direttore della compagnia Orian Theatre; e dove ho anche fondato la compagnia Mangeur de Lune insieme a  Frédéric Le Salle.
 
La mia esperienza in Spagna
Durante gli anni a Valencia mi sono sempre sentita come a casa, grazie al carattere accogliente della gente e l’ambiente fortemente stimolante all’università ho potuto imparare molto velocemente la nuova lingua.
In seguito a causa di un grave incidente durante gli studi ho avuto tempo di digerire la danza ad un livello più interiore. Immobilizzata in un letto, durante il mio primo ricovero in ospedale, dove sono rimasta un mese, ho avuto modo di meditare profondamente il corpo. Ho imparato a scrivere con la mano sinistra e passavo intere giornate a “disegnare” la danza e trascrivere i miei pensieri sull’idea di comunicazione. Da questi quaderni sono nati dei progetti di danza come “Fiore capovolto”, “Caperucita red-hand”. Reintroducendomi alla società dopo un lunghissimo periodo di recupero mi ritrovai a danzare da sola, nessuno con cui confrontarmi, nessuno con cui “crescere” e condividere.
Le numerose operazioni chirurgiche subite durante un periodo di quasi tre anni e l’intenso programma di riabilitazione durante il primo anno dopo l’incidente, non mi hanno permesso di viaggiare ed allontanarmi da Valencia, per continuare la mia formazione o anche solo per visitare la mia famiglia in Sicilia. È stato così che ho cominciato la mia attività come n a n a e :: production e ad invitare altri artisti a Valencia.
In quel momento il butoh era ancora quasi sconosciuto a Valencia, ho cominciato quindi con una vera e propria introduzione.
Ai miei studenti cerco di trasmettere con semplicità quello che era in realtà un lavoro fisico più intenso, molti degli allievi si avvicinavano al butoh per la prima volta ed alcuni non avevano l’abitudine a nessun tipo di allenamento fisico. Cerco quindi di adattare una preparazione basica evitando lo sforzo muscolare, aumentando invece il livello di coscienza del corpo in profondità e le caratteristiche personali di ognuno di loro. In modo tale che nessuna difficoltà fisica personale potesse significare un “limite” nella loro idea di ”espressione” e di danza. A questo scopo mi sono stati molto utili la conoscenza di alcune discipline: Ginnastica Noguchi, Chi Kung e Yoga, provenienti dall’insegnamento dei miei maestri, come Sayoko Onishi, ed Atsushi Takenouchi.
Per quanto riguarda la danza ho cercato di trasmettere loro come attraverso il butoh potevano scoprire un mondo nuovo, cambiando ordine alla struttura del corpo e delle cose, per scoprire un modo nuovo di “essere” e di sentire nel momento presente.
 
La mia passione per il butoh
Personalmente attraverso il butoh ho riscoperto la gioia di dialogare con il mio corpo in relazione ad altri corpi, dialogando con lo stesso spazio, con il pavimento, una stanza, la terra ed il resto degli elementi della natura, attraverso il mio stato interiore. Ho scoperto soprattutto un modo nuovo di accogliere l’altro, nella danza e nella vita. Un nuovo modo per  comunicare e per condividere. Il contatto ha preso adesso per me un sapore diverso, con una consapevolezza maggiore dei limiti, personali ed altrui,  in assenza di giudizio.
I miei Maestri
Ogni maestro che ho incontrato nel mio percorso di crescita mi ha portato a scoprire un aspetto diverso ed ognuno fondamentale della danza butoh. Un incontro veramente importante per me resta l’incontro con Yoshito Ohno a Palermo, quando venne in occasione dell’ inaugurazione della “New Butoh School” fondata dalla mia prima insegnante Sayoko Onishi nel 2005. I pochi giorni di stage con lui mi sono sembrati un lungo percorso di lavoro ed ancora oggi ricordo perfettamente ogni esercizio, ricordo le storie che ha condiviso con noi, niente allenamento fisico, solo riflessioni sulla vita quotidiana e come questa era cambiata e con essa le nostre abitudini e l’uso del corpo nella società attuale. In quel momento il butoh non è piú stato solo un “mezzo” per me, ma è divenuto un modo nuovo di osservare la vita, una finestra dalla quale osservare il mondo da un altro punto di vista e con un’altra “qualità”.
Oggi gran parte del mio lavoro è influenzato soprattutto dalla ricerca e lo studio che ho avuto modo di esplorare con Atsushi Takenouchi. Ho passato gli ultimi 5 anni accompagnando Atsushi nelle sue residenze estive in Toscana, dove la mia presenza è diventata quella di un’ assistente, dovendo tradurre per gli studenti in altre lingue ho imparato a mantenere la concentrazione a vari livelli, traducendo durante gli esercizi e le improvvisazioni, durante la danza. Anche questo è stato per me un grande e fruttuoso allenamento.
Cosí come evoca la sua danza “Jinen butoh” sono convinta che il nostro modello e maestro principale sia la stessa NATURA.
Con NATURA, non intendo solo la natura “organica”, ma anche quella “artificiale”e quella umana come aspetto sociale ecc. Osservare la natura delle cose è diventato per me un allenamento fondamentale. Questa credo che sia una caratteristica comune di tutti i danzatori butoh e non solo, credo che sia la caratteristica di molti artisti che hanno la sensibilità necessaria per osservare ogni aspetto dell’essere umano, della vita, della natura. Da qualche anno mi interessa osservare anche come nei vari periodi storici alcuni aspetti siano immutati o come se ne siano sviluppati altri.
 
Viaggiando e danzando
Nel mio ultimo assolo “So(S)ciety” osservo le difficoltà che un individuo affronta nel dover integrarsi ad una realtà sociale che è in continuo ed incessante cambio, la pressione che riceviamo dall’esterno è, per alcuni individui, insostenibile e nell’affanno di adattarsi, conformarsi, riciclarsi, a volte succede che si perdano e che si allontanino da se stessi e dalla propria natura, al punto da “sfigurarsi”. Questo continuo adattarsi e spostarsi costantemente, al ritmo richiesto oggi dalla nostra realtà sociale, è divenuto ormai un “deformarsi”, niente di più lontano da quello che “siamo” veramente, niente di più alienante !
Con questo ultimo assolo di danza butoh ho viaggiato e danzato molto tra la Spagna, l’Italia, la Germania, la Svizzera e la Francia. La prossima data è prevista proprio qui a Lyon, dove vivo adesso, per Settembre.
 Mi chiedo anche io, come la mia famiglia ( che ha sempre sostenuto ed accettato la mia attività professionale, nonostante la peculiarità di questa disciplina, difficile da lasciar entrare alla vista ) se avrò un giorno la possibilità di portare il mio lavoro fino alle radici delle mie origini, fino a Palermo, o magari anche fino a Belmonte Mezzagno.
 
Ti ringrazio Cetta, per avermi permesso di fermarmi un attimo ad osservare le orme del mio percorso e condividerlo con voi.
 
Cetta: Grazie a te Vale! Per un momento mi sono vista catapultata accanto a te! E ti ho visto danzare!!!In questi giorni mi sono un po’ documentata sulla danza butoh ed effettivamente non mi sono mai chiesta nulla sul mio corpo, sulla mia mente e sui miei movimenti! Credo che questa danza esprima tutto ciò che noi ci chiediamo e che a volte non troviamo risposte! Mi piacerebbe molto un giorno che tu con il tuo gruppo vi esibiste qui a Belmonte magari allo stagnone!
Valen: Cetta...grazie !
Sono contenta che il butoh ti faccia sognare un pò.. a me tanto.   
Un abbraccio… e spero a presto di ritorno tra voi per una visita.
Valentina


 

 




 
 

 

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